Salkantay, storia di un’avventura verso il Machu Picchu
Si parte alle 7 del mattino dopo una rapida colazione. Gli scarponi da trekking sono allacciati belli stretti, lo zainetto ancorato per bene alle spalle, con tutto il necessario ad affrontare 5 giorni di trekking sulle montagne del Perù che culmineranno con l’arrampicata al Machu Picchu, meraviglia del mondo.
Il percorso si chiama Salkantay, prende il nome da una delle montagne che attraverseremo, con la sua cima che svetta a circa 6.700 metri, è un percorso alternativo al più famoso “Inka trail”, uno dei percorsi che gli Inca utilizzavano centinaia di anni fa per raggiungere la città sacra di Macchu Picchu…
L’Inca trail è molto popolare ed ha posti limitati, tanto che per poterlo percorrere occorre iscriversi con circa 6 mesi di anticipo, cosa che ogni persona che ami viaggiare con un minimo di libertà e con poca pianificazione non può fare. E DoppiaEffe entra proprio in questa fascia. EffeMaschio decide quindi di prenotare con soli 4-5 giorni di anticipo, direttamente a Cusco, questo trekking che varie persone incontrate in sud america gli consigliano. Il piano è poi di incontrarsi con la EffeFemmina, che causa problemi di asma vuole evitare di rischiare la vita a queste alture folli, direttamente ad Aguas Calientes per fare l’ultimo tratto insieme verso la città sacra.
E’ tutto pronto quindi, lo zaino pieno di noccioline e tavolette di cioccolata (pare che le noccioline siano molto proteiche ed energetiche), maglia termica, due paia di mutande, calze e maglioncino di alpaca, giacca antivento. Il resto è superfluo, non ci sarà acqua calda per i prossimi 5 giorni, non ci sarà un tetto sotto cui dormire, solo una tenda, un sacco a pelo e la natura degli altipiani peruviani attorno a noi.
Siamo circa 10 persone nel gruppo, ci sono due guide, un cuoco, un aiuto cuoco e due portatori, più un numero imprecisato di muli per portare tutta l’attrezzatura. La prima giornata scorre liscia, la temperatura è piacevole, siamo a circa 2.300 metri sul livello del mare, meno che a Cusco (2.900m) si riesce quindi a camminare e respirare abbastanza tranquillamente (è oramai circa un mese che sono a queste altitudini, sono quindi un pò abituato alla minore presenza di ossigeno nell’aria). Saliamo per tutti i 24 km, lentamente, fino a raggiungere il campo base a circa 3.400m, dove passeremo la notte. Mano a mano che saliamo la piacevole vegetazione lascia il posto a bassi cespugli così come il verde lascia il posto al giallo. Piccoli ruscelli di acqua fredda come il ghiaccio scorrono tutto intorno a noi, costeggiamo montagne immense fino a giungere ad una vallata al calar del sole. Il freddo inizia a stringere la sua morsa, tutto attorno a me picchi innevati che rendono la vallata un vero e proprio freezer naturale.
Eppure c’è gente che ci vive qua, poche casette fatte di fango, lontane kilometri le une dalle altre danno alloggio a circa dodici famiglie che vivono di allevamento (di Alpaca e Lama, strambi animali che sembrano incroci tra cammelli e pecore) e di agricoltura, quando la temperatura lo permette nei mesi estivi (coltivano delle particolare tipologie di cereali che crescono solo a queste altitudini). Il crepuscolo lascia il posto alla notte buia, senza luci, con un cielo stellato tra i più belli visti durante il viaggio. Solo le nostre torce e qualche candela illuminano il campo base. Dopo una frugale cena a base di riso, carne e verdure cotte e dopo una mezoretta passata a chicchierare con gli altri membri del gruppo il freddo mi spinge verso la tenda dove trovo ad aspettarmi Steven, Newyorkese di orgini Hispano-greco-israelita, che sarà il mio compagno per tutte le prossime notti. Persona singolare Steven, un pò strambo, a cui devo però un consiglio che ha reso la mia esperienza durante il trekking incredibilmente migliore: ” ogni tanto durante la camminata, mi piace rallentare e mollare il gruppo con cui sto camminando, per godere del silenzio della natura e potermi concentrare sulla flora e la fauna vedendo cose che altrimenti non potrei vedere.”
Adotterò spesso la sua tecnica nei giorni seguenti, fa piacere parlare con la gente, ma dopo un pò si rischia di essere immersi in un baccano incredibile ed in discussioni che riguardano altri posti ed altri viaggi, che deviano la concentrazione sul posto in cui stai camminando adesso, in questo momento. Lascerò le chiacchierate per i momenti in cui si mangia tutti insieme e per la sera.
Dormo avvolto in un sacco a pelo fatto di “piume”, molto caldo. Non basta però, devo infilarmi anche la maglia termica, il maglioncino di alpaca, i pantaloni termici ed i calzettoni da Sherpa, guanti e cappello di Pile, fuori la temperatura è scesa a -5°C, nella tenda un paio di gradi in più…
Steven ha qualche problema con l’altura la notte, si sveglia nel cuore della notte ansimando perchè gli manca l’ossigeno, brutta sensazione. Io pure non riesco a prendere sonno, dormo a tratti, l’aria gelata mi entra nei polmoni e la faccia (unica parte scoperta del corpo) mi si gela. Il cuore mi batte all’impazzata, è normale vista la carenza di ossigeno, però non è per niente piacevole…
La sveglia è alle 4.30 del mattino, il cuoco bussa alla tenda e ci offre un mate di coca (aiuta ad allentare gli effetti dell’altitudine), ho delle foglie di coca con me, le metto in bocca da subito e le masticherò per tutto il giorno. Le foglie di coca contengono delle sostanze energetiche, aumentano la capacità polmonare, aiutano molto, i minatori delle immense miniere di potosì le usano ancora oggi per aumentare la loro resistenza nelle durissime condizioni di lavoro dei giacimenti Boliviani.
Questo sarà il giorno più duro di tutto il trekking ci avvisa la guida, arriveremo a toccare i 4.700m, i Km da fare sono parecchi, ci dice di tenere un passo calmo, senza esagerare, di fermarsi quando ci sentiamo affaticati. Capisco quello che voleva dire la guida quando iniziamo, poco prima dell’alba, la nostra salita verso le montagne innevate. Faccio due passi ed ho il fiatone, mi fermo per 5 minuti, il cuore batte all’impazzata come se avessi appena finito uno scatto da 200m, ne faccio altri 4, mi fermo nuovamente. E così molto lentamente, in una fila umana di zombie, saliamo verso il punto più alto. Tutti sono più fermi che in movimento, le condizioni sono veramente estreme e più saliamo e peggio diventa. Nel frattempo il ghiaccio e la neve iniziano a comparire ai lati, in timide chiazze, in un crescendo di bianco che mi porterà a camminare in una vallata innevata.
In cima la vista è stupenda, il Salkantay è di fronte a me, una parete di ghiaccio immensa che in molti hanno provato a scalare perdendo la vita, come è successo ad una spedizione di giapponesi travolti da una valanga durante l’ascesa. Il vento freddo sembra tagliare la pelle del viso, ci riposiamo un pò e riprendiamo il cammino, stavolta in discesa.
Scendendo il respiro inizia a ritornare più regolare, l’affanno e la neve diminuiscono fino a sparire. Cammino in una immensa vallata, il bianco inizia a lasciare il posto al rosso delle formazioni rocciose contenenti ferro, al verde ed al giallo del muschio che cresce a queste altitudini, compaiono nuovamente i ruscelli di acqua gelida. Rallento un pò il passo, facendo passare il gruppo avanti. Silenzio intorno a me, sembra non esserci alcuna forma di vita ma, osservando attentamente, lontano dal chiasso del gruppo, scorgo piccoli animali nuoversi tra il muschio e gli arbusti, sono i Cuy, o guinea pigs o porcellini d’india, che da queste parti mangiano in gran quantità durante le festività. Piccoli uccelli si muovono furtivi tra le rocce. Mano a mano che scendo di quota la vegetazione aumenta, insieme alle forme divita, la temperatura sale, devo togliermi degli indumenti per non morire asfissiato dal caldo, fino a che mi trovo in una foresta tropicale.
Assurdo come in poche ore abbia attraversato così tanti paesaggi diversi, come dalla neve sia passato alla foresta tropicale, dal muschio ai fiori colorati, dal silenzio al baccano degli uccelli ed al ronzare degli insetti. La guida spiega che questa foresta si collega più avanti alla parte boliviana della foresta amazzonica… incredibile!
Dormiamo in un campeggio rurale in una radura nel bosco. Steven ha una bella idea. Visto che il cibo non è molto abbondante la sera mi chiede: “Perchè non compriamo una bella gallina e la cuciniamo domani sera?”. Penso sia una buona idea, le galline da queste parti sono veramente ruspanti, forse un pò troppo…
Acquistiamo la gallina, ha le piume nere, questo le varrà il nome di “negrita”.
Negrita è inquieta, ha capito che qualcosa non va e fugge a destra ed a manca, la mettiamo in un sacco e la carichiamo sul primo mulo che passa. Gli altri componenti del gruppo ci guardano un pò male…qualcuno ci dice che non è umano uccidere una gallina, però dopo si mangiano il piatto preparato dal cuoco…riso con pollo…
dopo una giornata di strenuanti camminate arriviamo in una sorgente di acqua calda dove possiamo finalmente mettere a mollo i piedi segnati dal trekking e lavarci dopo ben tre giorni di cammino, sudore e tanta tanta umanità.
La sera dormiamo in un camping, si fa un pò di baldoria la notte e facciamo al brodo negrita. Il cuoco si rifiuta di ucciderla, ci penserà una donna a farlo, perchè da queste parti chi uccide un animale non può poi ne cucinarlo ne mangiarlo. I miei sentimenti sono combattuti per questo assassinio. E’ giusto uccidere una gallina? Se no perchè mangiare il petto di pollo con l’insalata non ci fa tanta impressione?
Questi sentimenti riaprono in me sentimenti contrastanti sul consumo della carne. Di quanto sia ignobile allevare degli animali solo ai fini di consumo alimentare e di quanto l’ambiente ne risenta dell’allevamento industriale moderno , soprattutto delle vacche. Sono giunto quindi alla conclusione che mangerò meno carne quando riprenderò in mano le redini della cucina, una o due volte alla settimana e preferibilmente maiale e pollo con cui si inquina di meno. Proverò così a fare la mia parte per la salvaguardia dell’ambiente e per il rispetto delle altre specie animali. Ma questa è un’altra storia.
Passo la serata in compagnia di un gruppo di Brasiliani “casciaroni” che quando sentono che sono italiano iniziano a ripetermi “ma che cazzo” ed a fare strani gesti con la mano ridendo in maniera sguaiata. Poi mi abbracciano perchè dicono che noi siamo molto simili a loro e che mi vogliono bene. Hanno deciso di adottarmi…
Torno in tenda mentre ancora Steve fa baldoria con le guide alcolizzate ed un altro paio di anglosassoni. Stanotte si dorme penso. Sono tre notti che non dormo in maniera decente per colpa di Steve/altitudine. Qua siamo ad altitudini inferiori e si può dormire più tranquilli anche perchè la stanchezza si fa sentire, eccome!
La notte invece passa convulsa. Nel dormiveglia sento Steve che entra nella tenda, poi riesce, poi rientra, ed esce ed entra un numero indefinito di volte. Poi sento puzza di bruciato e sento qualcosa sul mio volto, come della polvere o della cenere, non so. E’ tutto buio, non vedo nulla. Ad intervalli regolari Steve si mette seduto e ripete in maniera ossessiva “Sorry Francesco”. “Sorry un cazzo” rispondo io, fammi dormire. Mi giro dall’altro lato e sento sempre questa polvere che mi gira attorno, ma sono confuso nel dormiveglia, penso di sognare e sono troppo stanco per alzarmi.
La mattina arriva lenta, la luce mi sveglia poco dopo l’alba . Apro gli occhi e vedo tutto appannato, non capisco. Allora decido di uscire dalla tenda perchè mi manca l’aria. Esco e vedo piume. Piume ovunque. Attaccate ai miei vestit, ai miei capelli e tutto dentro la tenda. Steven continua a dormire in un letto di piume. Mi ricordava un pò quei cartoni animati in cui buttavano del catrame addosso al personaggio per poi ricoprirlo di piume. “La maledizione di Negrita” esclamano ridendo due Brasiliani poco lontani. Maledetto Steve, anche quella notte non mi ha fatto dormire.
Mi racconterà poco dopo di essersi ubriacato la sera prima, e che nella tenda gli mancava l’aria e gli veniva da vomitare, così per non disturbarmi (?!) esce dalla tenda con il suo sacco a pelo e va a dormire vicino al fuoco. Troppo vicino però perchè il saco a pelo gli si brucia e non si rende conto che perde piume quando decide di rientrare in tenda. E dopo è storia.
Ha il volto triste Steven, la testa bassa dalla vergogna quando mi racconta la storia. Vorrei tirargli una testata però mi impetosisce con i suoi capelli con ancora tutte l piume attaccate.
Forse lui non c’entra. Forse è stata veramente la maledizione di negrita.
Camminiamo per tutta la giornata, raggiungendo la idroelettrica e continuando verso la cittadina di Aguas Caliente dove passeremo la notte e mi ricongiungerò con EffeFemmina per salire insieme sul Machu Picchu. EffeFemmina è la che aspetta, mi invita a farmi una doccia ed a cambiarmi e dopo mi abbraccia.
La mia schiena poggia finalmente su di un materasso e non ci sono ne Steve ne galline a rovinarmi la dormita. Sono solo poche ore però perchè la sveglia suona alle 4.45.
E’ notte quando iniziamo la nostra salita verso il Machu Picchu…ma questa è un’altra storia, anzi un’altro post 😉
Alcuni consigli:1. se volete Salire sul Wayana Picchu prenotate online al sito del governo peruviano (http://www.machupicchu.gob.pe/) con almeno una settimana in anticipo (viene venduto congiunto con l’ingresso al Machu Picchu), sono disponibili solo 200 ingressi giornalieri e la possibilità di poterlo acquistare in loco è praticamente impossibile.
2. Il trekking del Salkantay è possibile prenotaro in loco (a Cusco) per risparmiare anche con un paio di giorni di anticipo. i prezzi variano dai 200 ai 300$. io ho pagato 245$ con sacco a pelo (con piume) incluso e vi assicuro che ne è valsa la pena noleggiarlo…
3. portate con voi un bagaglio comodo e leggere perchè negli ultimi due giorni dovrete portarlo sulle vostre spalle.
4. state un paio di giorni a Cusco prima di imbarcavi nel trekking, è importante acclimatizzarsi all’altitudine onde evitare pericoli durante il trekking.
5. Comprate foglie di coca da masticare durante tutto il percorso. Aiutano veramente,
6. Nella fase di prenotazione del trekking informatevi su tutti gli aspetti onde evitare spiacevoli sorprese che rischiano poi di rovinarvi lo spirito durante i giorni di trekking. Fasate le vostre aspettative correttamente, ho visto molta gente passare i cinque giorni male a causa delle elevate aspettative.
7. Non acquistate galline sul percorso o la maledizione degli inca si abbatterà su di voi..