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El grano de oro

Da un punto di vista economico la Costa Rica è tre cose:

  • turismo, fondamentalmente basato sulla sua meravigliosa e protetta natura
  • piantagioni di banane (molte riconvertite in palme da olio)
  • caffè

In questo anno e mezzo australiano siamo diventati amanti del caffè. Non me ne vogliate amici italiani, ma devo purtroppo dirvi che a Melbourne raramente beviamo un caffè schifoso come in Italia. Stupiti, vero? Perchè siamo convinti di avere il caffè migliore del mondo, e abbiamo pure convinto il mondo di averlo. Eppure, e l’ultimo viaggio in Italia l’ha confermato, a noi il caffè in Italia continua a non piacere.  Siamo sfigati noi? Perchè l’espresso è bruciato, il più delle volte. La crema inesistente, e così il vantaggio dell’ingegnosa tecnologia dietro le nostre bellissime macchine per espresso è perso (ma quanto sono belle?!). Il latte usato per fare i cappuccini è acquoso, anche se è latte fresco: non ha consistenza di latte, sembra una specie di acquetta con caffè. Mi è sempre piaciuto, ma solo perchè ero abituata al sapore del latte in busta….bere latte biologico non pastorizzato ti abitua a una consistenza diversa. E poi il caffè….e basta questi Illy, Lavazza, o Nespresso, e le loro maledette cialde inquinanti (ogni caffè ci metterà 150 anni per essere smaltito dalla natura: pensateci quando decidete di comprarvi una macchina con le cialde di plastica). Ora, devo dire che nella maggior parte dei caffè di Melbourne la miscela cambia ogni settimana, e in certi puoi scegliere la miscela che preferisci. Vuoi un caffè africano? oppure brasiliano? oppure il mix con quello della Papua GUinea, roasted localmente? Insomma, il caffè è una cosa serissima, e le cafetterie sono recensite con una cura maniacale. (tutto questo si applica solo a Melbourne e Sydney, il resto del paese è un’altra cosa….mooooolto diversa).

Qundi eravamo eccitatissimi all’idea di venire in una delle patrie del caffè, uno dei paesi che produce un caffè considerato qualitativamente eccellente. Ma volete sapere la cosa buffa? Il caffè in Costa Rica non è poi così buono. Anzi, vi dirò di più, a volte fa proprio schifo. Sorpresi, eh?

La spiegazione è semplice: il caffè di migliore qualità prende il largo, viene esportato all’estero, soprattutto Europa e USA. E qui resta quello bucherellato, sgorbio, malconcio. Questo perchè esportarlo rende di più (alcune varietà riescono a spuntare un rpezzo maggiore rispetto al prezzo internazionale del caffè), e anche perchè non c’è la cultura del caffè. E in questo mi sembra molto simile all’Italia: il caffè è un rito sociale, un modo epr socializzare, per stare in compagnia. La cosa fondamentale è che la tazza sia piena, non che il sapore sia eccelso. Come in Italia, se pensate ai terribili caffè che ci ingurgitiamo dalle macchinette nei posti di lavoro: il valore sta nella pausa, nell’evento sociale, nella chiacchiera, non nel sapore di quella cosa chimica che esce dal mostro di latta. L’espresso buttato giù veloce al banco del bar è legato alla chiacchiera col barista, o con l’amico che ci accompagna, penso che pochi ci interroghiamo se sia buono o meno.

In ogni caso, siamo andati a visitare una finca de cafe, ossia una fattoria dove si coltiva caffè. Ovviamente c’è l’imbarazzo della scelta, perchè tutti i produttori di caffè ora offrono tour ai turisti. Però ne abbiamo scelto una particolare: la Cooperativa Monteverde. Perchè più di vedere il caffè in se volevamo curiosare dietro lo strano modello sociale della coltivazione del caffè in Costa RIca (qui qualcosa), e anche perchè la cooperativa produce da più di 20 anni un caffè col marchio Equo e SOlidale, garantendo retribuzioni eque a tutte le eprsone coinvolte nella filiera. SOlo un appunto: nel sito web il caffè è pubblicizzato come biologico, ma in realtà non ha la certificazione. La finca ha invece la bandiera blu, che viene data a quei soggetti economici che si distinguono per la sostenibilità. Infatti tutto è pensato per essere eco-sostenibile: tutto funziona insieme, dalla coltivazione agli animali, alla gestione dell’acqua, come un corpo umano in cui ogni aprte partecipa al benessere dell’insieme. Per esempio, la finca è circondata dalla foresta: metà del terreno è stato lasciato come foresta, invece di essere coltivato. Questo ha vantaggi sull’erosione del suolo, sul trattenimento dell’acqua nel terreno, e si ripercuote sulla qualità della coltivazione in quanto ci sono più insetti impollinatori. Ci sono diversi animali nella finca, che producono i fertilizzanti usati nella coltivazione. Lo sterco dei maiali diventa gas metano che viene usato per cucinare e produrre l’acqua calda. E quando bevi un caffè laggiù, è buffo pensare che quell’acqua sia stata scaldata grazie alla cacca di maiale, no?

Guillermo, uno dei soci fondatori della cooperativa, ci racconta di come l’arrivo del turismo abbia impattato la communità, di come l’abbia cambiata facendola passare da un modello cooperativo-comunitario a un modello di competizione. E di come questo abbia impattato la cooperativa, che oggi è in crisi profonda e sta cercando di ristrutturarsi, tenendo fede a quell’etichetta di COmmercio Justo che ha guadagnato anni fa. Noi lo bersagliamo di domande, vogliamo capirne di più sulla questione sostenibile: la cooperativa oggi è anche una scuola di educazione ambientale, che lavora con scuole e università (anche straniere) per educare alla sostenibilità, all’utilizzo sostenibile delle risorse, al risparmio energetico, a cicli produttivi che impattino positivamente l’ambiente e quindi la società.

Questa è una cosa molto apprezzabile in questo apese: in Costa ROca hanno iniziato a formare una coscienza ecologica dalle scuole, con i campi di volontariato durante le vacanze, con la formazione di guide giovani….perchè la foresta la difendi se insegni a chi verrà domani che la foresta è non solo un patrimonio ecologico e culturale, ma anche economico, e come tale va preservata e rispettata.

Vorrem restare con GUllermo la sera, a continuare a parlare, perchè ci sembre che la storia personale di quest’uomo ci spieghi la storia di questo paese, ci spieghi cosa è e soprattutto dove vuole andare. Ma è tempo di andarcene, e dopo aver imparato a distinguere un caffè amaro da uno acido in base alla sensazione che lasciano sulla lingua, e i diversi tipi di lavorazioni, ce ne torniamo in ostello, con ancora milioni di domande nella testa.

E ci beviamo un te 😉

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EffeFemmina

Francesca V., 30 anni. Insieme a Francesco (la EffeMaschio) decide di mollare tutto e partire per un viaggio intorno al mondo...Ed è li che inizia l'avventura che raccontiamo in questo blog... ;)

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