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A volte ritornano…in lockdown!

img_1662Ci voleva una pandemia globale per rimettermi a scrivere su questo blog, ormai abbandonato al suo destino da soli 4 anni.

In realtà ho scritto, qualcosa, poco, mooolto poco in questi 4 anni, ma per una serie di motivi (tutti a me sconosciuti) nessuno dei post ha mai incontrato il pulsante “Pubblica”.

Quindi eccomi qui, nella stanza degli ospiti ormai adibita ad ufficio, nella settimana di pausa tra il vecchio e il nuovo lavoro, a recuperare il tempo perduto, a voler fissare da qualche parte le sensazioni di questo periodo storico pazzo.

E magari quello che è successo negli ultimi 4 anni ve lo condenso in un post apposito, un’altra volta….tra una decina d’anni magari.

Melbourne è di nuovo in lockdown, da un tempo che sembra un’eternita’ ma che in realtà sono solo 3 settimane, dal 9 di Luglio. Il secondo lockdown e’ piu’ brutale del primo, per vari motivi.

Innanzitutto il peso psicologico del vedere che tutti gli sforzi, le nostre vite vuotate di socialità, non siano serviti a niente, perchè siamo piombati in una situazione molto peggiore di quella in cui eravamo a marzo-Aprile.

Poi la componente del “blame”, la ricerca di un capro espiatorio, che era finora rimasta assente dalla discussione pubblica. E quindi il secondo lockdown si vive con un peso doppio sul cuore, la paura e l’incazzo…in sintesi, siamo passati  dal “siamo in tutto questo insieme ” al “mortacci vostra che non rispettate le regole”.

Poi parliamo del vero scenario suicida del 2020, lavorare da casa con i bambini. (Evitero’ di fare una battuta sul fatto che noi non facciamo lo smart working, in Australia o UK o vari altri paesi, noi semplicemente stiamo “working from home”, o WFH, che sembra molto meno figo, lo so. E smart working fa cagare come termine, sappiatelo). A Marzo avevamo i nonni sardi con noi, che ci avevano letteralmente salvati, prendendosi cura dei bambini i giorni in cui noi lavoravamo (nota: i bimbi in genere vanno all’asilo 3 giorni a settimana, un giorno stanno a casa con papa’, e un altro giorno con mamma, abbiamo entrambi il part-time). I nonni ci coprivano in quei tre giorni in cui non andavano piu’ all’asilo, piu’ offrivano aiuto e assistenza il resto della settimana. In maniera gratuita! Ed erano pure felici di farlo! I lavoratori sfruttati piu’ convenienti della storia 😉  (anche se poi hanno confessato di sentirsi un po’ “stanchini”…ahahah chissà come mai!).

L’asilo non ha mai chiuso, in realtà, li abbiamo ritirati noi per il lockdown, entrambe le volte, visto che rappresentavano il nostro cavallo di Troia, l’unico contatto con l’esterno in questa vita blindata e noiosamente priva di incontri di persona con gli amici.

Ah gli amici, questi sconosciuti. Già la nostra vita sociale era rallentata con l’arrivo di Gabriel e con il trasferimento in Europa delle coppie di amici piu’ care e che vedevamo di piu’, ma insomma, c’erano ancora compleanni, e playdates al parco, e gite allo zoo, e giornate al museo, insomma scampoli di vita normale. Completamente spazzati via dalla pandemia, come per tutti. E in questo secondo lockdown sembra quasi che non ci torneremo piu’ a quella normalita’, perche’ nelle poche settimane di apertura noi non eravamo tornati al “prima”, noi non avevamo ancora avuto ospiti a casa, solo due incontri al parco con amichetti di D., e qualche brunch in santa pace senza bimbi io ed EffeMaschio. Ma finito li. Quindi è come se i due lockdown si fossero uniti, e noi fossimo in isolamento da Marzo, e sembra che questi mesi siano durati anni…

(Notare: il periodo in cui i bambini andavano all’asilo, e noi lavoravamo da casa, è stato una FIGATA! Peccato fosse solo la quiete prima dello stress di calendari sincronizzati, io e EffeMaschio che ci diamo il cambio turno sulle scale, lavoro da smazzarsi la mattina presto, sensi di colpa a gogo’ per il lavoro non fatto o le attenzioni non date ai bambini perchè stavi rispondendo a un’email dal cellulare mentre loro ti spiegavano il bellissimo sgorbio che hanno disegnato o costruito con le Lego. Aggiungeteci che la tv si usa pochissimo qui, ed avete la ricetta per un disastro psicologico 😛 Ma so di non dire nulla di nuovo, che voi in Italia ci siete passati prima di noi, benvenuta nel club EffeFemmina!)

Mi manca la piscina. Mi manca il book club fatto di persona, invece che su Zoom. Mi manca incontrare le mia amiche al parco, e ammazzarci di chiacchiere mentre i bambini giocano. Mi manca andare a yoga, anche se riuscivo ad andarci poco, ma mi manca ugualmente. Mi manca pure la City, mi mancano assai le mie pause pranzo in giro per negozietti e le lane, o i nostri pranzi romantici senza’figli alla scoperta di piccoli ristoranti gourmet. Mi manca entrare in un negozio senza pensieri, senza pensare se davvero devo entrarci, e senza usare l’igienizzante 10 volte. Mi manca andare al supermercato ogni 2 giorni a prendere quella cosa che manca assolutamente, invece di fare listone enormi e spesa ogni 2 settimane. Mi manca la fisicità delle nostre vite, abbracciare un’amica quando la incontro per caso al supermercato, felice di vederla. Mi manca andare a farci una birra, mangiare i ramen al nostro ramen bar preferito, potermi spostare libera in questa città.

E poi l’ansia del non sapere quando potremo tornare in Italia. Per uscire dal paese dobbiamo chiedere autorizzazione. Abbiamo un visto d’uscita, noi cittadini. Una cosa che mi fa piangere solo al pensiero. E poi, se anche dovessimo riuscire ad uscire, c’è il problema del rientrare. Del trovare dei biglietti aerei a un prezzo decente, visto che ci sono limiti al numero di persone in entrata (cittadini e residenti, i turisti sono proprio banditi) e gli aerei non viaggiano a pieno carico e i pochi posti disponibili costano un paio di mesi di mutuo a persona. E la quarantena in hotel obbligatoria, da pagare di tasca nostra (al momento sui 5000$ per una famiglia di 4 persone). Quindi niente mare in Italia quest’anno, niente festa dei 90 anni di Nonna, niente matrimonio di S, niente di nulla. Ma soprattutto l’ansia di sapere che se dovessimo tornare in Italia per un’urgenza, non potremmo farlo facilmente. E questo mi fa impazzire. Mina la base del vivere cosi lontani dalla famiglia di origine, annulla completamente il principio che “posso salire su un aereo quando voglio”. Quando voglio un caz, al momento. Quando vuole il Dipartimento. Quando vuole la compagnia aerea. E quindi viviamo incrociando dita di mani e piedi, e gambe e braccia, e tutto l’incrociabile, in questo periodo. E rimuoviamo il pensiero, per non impazzire. RImuoviamo il pensiero di essere, di fatto, prigionieri della Terra Australis.

E poi vogliamo dimenticare il senso di colpa per provare questi sentimenti? Quando mi trovo a bestemmiare perchè non respiro con la maschera, e l’asma si fa sentire, e mi manca l’aria. Quando mi sento isolata e sembra di impazzire. Quando le giornate di lavoro e badare ai bambini contemporaneamente diventano pesantissime e siamo degli stracci a fine giornata, e bisogna ancora piegare la biancheria e pulire la cucina, argh, ridatemi la schiavitù!. Quando l’ansia per la lontananza si insinua nei pensieri. Allora penso alle amiche che lavorano in ospedale. Perchè per qualche congiuntura astrale tutte le amiche piu’ care lavorano in ospedale. E penso a come stanno facendo i salti mortali tra le normali preoccupazioni di tirare avanti con bimbi piccoli, il lavoro, e stare in prima fila nella lotta al COvid. Che se ce l’ho io l’ansia di ammalarci, immagino loro. E un po’ mi sento una piccola cacca, che rispetto a loro sono in una posizione privilegiata, io lavoratrice IT che posso lavorare da casa, e posso tenere i bambini a casa, invece di doverli comunque mandare all’asilo mentre ci sono 700 casi al giorno.

E sono arrivata fin qui e non so piu’ cosa volessi dire in questo post 😀

E se vi sembro esaurita, tranquilli, mi piace solo lamentarmi, perchè lo trovo catartico, e dopo che mi lamento riprendo coscienza del mio Io, e delle piccole fortune.

E penso che ho un giardino, almeno, e possiamo correre li e giocare con la terra e piantare quello che vogliamo, e usare le altalene che ci ha fatto Nonno G.

E possiamo ancora uscire a fare una passeggiata, non come il lockdown in Italia. E andare in bicicletta sul fiume. E sederci sul prato al aprco per fare merenda.

E si, dobbiamo usare la mascherina anche per camminare per strada, ma speriamo per poco, speriamo che presto i numeri scendano e si debba usare solo al chiuso.

E insomma, siamo tutti in questa barca pazza chiamata Covid, circondati di cacca ovunque, e dobbiamo solo sorridere e sopravvivere, giusto?

Com’è che dicevate in Italia? Andrà Tutto bene? Spereusu! Un abbraccio virtuale e distanziato, #staysafe

EffeFemmina

Francesca V., 30 anni. Insieme a Francesco (la EffeMaschio) decide di mollare tutto e partire per un viaggio intorno al mondo...Ed è li che inizia l'avventura che raccontiamo in questo blog... ;)

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