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Istruzioni per farsi scartare ad un colloquio

(sottotitolo: How to screw-up a job interview)

Quando la voce al telefono mi chiede se possiedo una macchina, comincio a tentennare. Merda, penso. Ero cosi contenta: la prima telefonata per qualcuno vagamente interessato al mio profilo, il mio primo colloquio, e gia’ mi parlano della necessita’ di dover comprare una macchina per arrivare nella sede. Dopo aver finalmente capito da quale societa’, tra le decine di societa’ a cui ho mandato il curriculum, mi stanno contattando, GoogleMaps mi conferma la piu’ drastica delle previsioni: una sede tra l’aeroporto e le ultime case della citta’, una fila di caseggiati, e dietro il bush. Campagna, canguri liberi e saltellanti a volonta’, probabilmente.

Rimerda. Cavolo, sono a Melbourne, in una citta’ in cui con i mezzi arrivi ovunque, quanta sfiga ci vuole per essere contattati dall’unica societa’ che non sta in centro, a portata di mezzi pubblici o di bici? Va bene, mi dico, pazienza, proviamo a fare il colloquio ugualmente per fare almeno un po’ di esercizio: sono quasi due anni che non faccio un colloquio, e l’arte di fare i colloquio e’ come ballare il tango, bisogna praticare. Aggiungendoci il fattore lingua, poi, la situazione si complica. Questi sono i colloqui che preferisco, quelli in cui non hai niente da perdere, i colloqui-kamikaze: ripensandoci, nella vita sono sempre quelli che mi sono andati meglio, perche’ poi mi hanno sempre assunta. Sara’ che ti presenti senza ansie, sara’ che sei li per mettere alla prova te stesso, e non per farti mettere alla prova dal tuo esaminatore, ma in genere sfoggio il meglio della mia parlantina in queste situazioni, e so essere convincente. Vediamo cosa riesco a combinare in inglese, pero’. Dalla mia ho l’aver gia’ deciso dentro di me di non voler andare a lavorare cosi lontano, e di non voler comprare una macchina: non ho nessuna intenzione di spendere diecimila dollari per una lamiera con 4 ruote, no way. Quindi sono assolutamente in pace con me stessa, modalita’ kamikaze on.

Apro l’armadio e da una busto di plastica della lavanderia tiro fuori il completo nero: e’ giunto il tuo momento, gli dico, ti ho portato per un motivo. Ma non mi ricordo come ci si vesta in queste occasioni. Mmm, ok, giacca e pantalone neri da iena…e sotto? ok, sotto ci andrebbe una camicia. Ma si, camicia rossa, se metto la camicia bianca mi manca veramente solo la cravatta nera… E le scarpe? Guardo le decollete’ con tacco veritiginoso (circa 8 cm). L’idea di andare al colloquio con quelle non mi sfiora l’anticamera del cervello: non ho mai avuto il portamento di una ballerina di danza classica, ma dopo un anno e mezzo di imbarbarimento ho perso anche la poca grazia che ero riuscita ad accumulare in anni da consulente. Per non sembrare la probabile-nuova-assunta-zoppa opto per le scarpe di vernice rosse con tacco basso: ma si, in fondo da quello che vedo per strada questi australiani non capiscono nulla di come ci si vesta con gusto, a parte evitare le infradito (ma solo per il freddo) dovrebbe andare bene tutto.

Giovedi mattina, il colloquio e’ alle 10. Mi alzo all’alba per prepararmi con calma, un po’ di trucco non guasta in queste occasioni, e io non sono una maga del maquillage, meglio darsi tempo. Esco con le scarpe rosse, ma le ballerine: quelle col tacco le metto in borsa, mi rifiuto di camminare con qualsiasi cosa superiore ai 2 cm di altezza. Casa-treno-cambio treno- treno- taxi. Alle 9 sono davanti all’azienda, maledettamente in anticipo. Una caffetteria per camionisti mi si materializza magicamente davanti, entro e mi sorbisco il mio buon latte in tazza teke-away (argh!)…anche nelle caffetterie da camionisti il caffe’ e buono, a Melbourne, piccole gioie della vita.

Alle 10 meno qualcosa esco dalla caffetteria da camionisti, e varco l’uscio aziendale. L’azienda e’ piccola, ma il suo business e’ interessantissimo: producono audiobooks, e vendono ebooks ed audiobooks tramite una piattaforma digitale. Dopo una serie di colloqui, realizzo che cerchino un tuttofare: business analyst, esperto di business intelligence, tecnico ma anche funzionale, che scriva requisiti ma ance codice se serve, che capisca qualcosa di SAP. Il puzzle del ruolo viene fuori attraverso le quattro “interview” in cui mi sono spremuta in circa 4 ore. Nell’ordine:

  • business executive: fa la parte del buono, quello che ti fa raccontare di te, delle tue esperienze, e che ti presenta la societa’ come una famiglia in cui tutti si vogliono bene; colloquio particolarmente piacevole perche’ lui e’ abbastanza gnocco e giovane 😀
  • tecnico 1: tedesco, devo stare attenta a non fare battutte su SAP e sui tedeschi schematici e inquadrati. Simpatico, a modo suo; va di fretta, si capisce che lavora per altre tre persone;
  • tecnico 2: australiano puro, pratico, va subito al sodo senza perdersi in convenevoli;
  • il capo: uno dei due proprietari dell’azienda, il suo ruolo e’ fare la parte del cattivo. Aggressivo, incalza ma io resisto, e’ travolgente, si capisce che i soldi in gioco sono i suoi

4 colloqui, i primi 3 vanno bene, conversazioni cordiali e amichevoli, ma al quarto scopriamo entrambi le carte.

Lui, il boss, comincia a parlarmi di achievement, goals, lavorare per obiettivi, non vuole una persona che vadal i per fare le sue ore e basta, bisogna essere coinvolti, bla bla bla, bisogna essere intelligenti e svegli …”are you smart?” mi chiede, forse vedendo la mia faccia che comincia a contorcersi.. .Io, la kamikaze, quando mi chiede cosa voglio dal mio nuovo lavoro gli rispondo “a good work-life balance”. Non solo: quando mi chiede quali sono i miei core values principali (ma che minchia di domanda e’???) gli rispondo “Integrity: fare quello che rispetta il proprio io”. Lui mi fissa e mi fa “But do you want to work?”, ossia “Ma tu vuoi lavorare o no?”. Ahahahah, mi ha sgamata. Ha capito che sono qui per lavorare 8 ore e staccare il cervello quando scatta l’8 ora, per tornare a dedicarmi ai miei libri, al mio yoga, al tango, a qualsiasi altra cosa che non siano le sue scadenze, le sue fatture e i suoi clienti.

Ho attivato l’ordigno, da brava kamikaze: ho appena fatto in modo di essere scartata al colloquio, ma sono tranquilla, e anche orgogliosa per non aver detto di si a tutto, per non aver promesso di stare in ufficio fino a tardi ogni sera, per non aver raccontato minchiate (o almeno, non eccessive minchiate). Ciccio io in Shiaventure ci sono gia’ passata e ho versato il mio sangue, non mi sono licenziata-partita in giro per il mondo-trasferita in Australia per tornare a fare la schiava a lavoro. Capisci a me. Tengo questo pensiero per me, pero’, a lui continuo a sorridere come se non avessi detto niente di grave, come se andare a dire a uno che ti fa il colloquio che il tuo obiettivo non e’ fare carriera ma un equilibrio tra vita lavorativa e privata fosse assolutamente normale.

Mi dice che mi richiamera’ per un ulteriore colloquio con l’altro boss (sua sorella). Ovviamente non ha piu’ richiamato, peso che abbia trovato l’auto-munito disposto a farsi coinvolgere emotivamente nella sua azienda.

Che poi, dopo aver mandato tutto in malora, mi sono pure chiesta: e se lavorare fino a tardi in Australia fosse diverso dal lavorare fino a tardi in Europa? non e’ che qui tardi sono le 7? Doh! Troppo tardi, pazienza. Gli e-books dovro’ continuare a comprarmeli, mi sa 😉

EffeFemmina

Francesca V., 30 anni. Insieme a Francesco (la EffeMaschio) decide di mollare tutto e partire per un viaggio intorno al mondo...Ed è li che inizia l'avventura che raccontiamo in questo blog... ;)

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6 risposte

  1. antonia ha detto:

    😀 mi sa che insieme possiamo scrivere le istruzioni d’uso su come essere emarginati in Australia
    ahahha
    bacioni
    anto

  2. Giorgio ha detto:

    Ciao effes,

    vi avevo scritto tempo fa quando eravate in Sud America citando Fabio Volo e seguo da Vicenza le vostre avventure. Sebbene io capisca bene la scelte di vita che avete fatto sono però anche dell’ avviso che ci siano cose che vanno pianificate ed in particolare mi chiedo quale sia il vostro pensiero sulla PENSIONE. Gli anni passano e le opportunità di lavoro sono di solito inversamente proporzionali all’ età (purtroppo). in Italia è necessario avere 20 anni di contributi per aver diritto alla pensione al compimento dei 65-67 anni (anno+/-). Spezzando il lavoro come state facendo tra un continente all’ altro vi siete informati sui requisiti per la pensione e se ci son accordi tra stati in questo senso per garantire una pensione ?

    Giorgio da Vicenza

    • EffeFemmina ha detto:

      Ciao Giorgio, bentornato!
      Guarda, ti rispondo molto sinceramente: no, non mi preoccupo per la pensione. Non mi preoccupo forse perche’ caratterialmente sono pessimista, e non ho voglia di bruciarmi il presente per pensare a un’ipotetica pensione che potrei avere tra 20 anni…dico potrei perche’ non so che mi succedera’ da qui a 20 anni… ho visto gente cara combattere con malattie devastanti, e ho visto la mia vita finire da un giorno all’altro, senza preavviso, perche’ un tizio in macchina non si e’ fermato al segnale di dare precedenza, e mi ha travolta…non voglio bruciarmi sogni e opportunita’ perche’ un domani devo prendere la pensione! E se la prossima volta che uno stronzo mi travolgera’ in macchina non mi dovesse andare cosi bene come mi e’ andata 3 anni fa? E poi faccio parte di una generazione che la pensione non la vedra’ mai, e se la vedra’ vedra’ due spiccioli, e forse noi abbiamo imparato a vivere senza pensare a quello che succedera’ tra 25-30 anni…. Quindi la pensione (al momento) non mi sembra qualcosa di cosi fondamentale da mettere sulla bilancia quando faccio delle scelte, preferisco farmi guidare da altre cose, come pensare a dei figli, pensare ad inventarmi un lavoro mio e solo mio, continuare ad imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, trovare un equilibrio che mi faccia stare bene (e i miei lavori precedenti non mi facevanos tare bene). Forse cambiero’ col tempo, per ora l’idea di vagare da un continente all’altro e’ piu’ appealing del resto 🙂
      Un abbraccio forte

  3. grandeeeeeeeee…Dio mio siete il più bel libro che abbia mai letto ragazzi , più leggo ciò che vivete più mi appassiono o sorrido da sola…bingo!!

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