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L’ombelico del mondo

Per noi Cusco è stata soprattutto il periodo di volontariato in Yanapay, ma nella settimana in città abbiamo avuto modo di curiosare un poco per i suoi vicoli e i dintorni.
Esistono due Cusco, una per i turisti che parte da Plaza San Francisco, e una per la gente di Cusco. La città per i turisti è bella, veramente bella. Antiche mura Inca reggono palazzi coloniali, costruiti dalla furia devastratrice spagnola che ha volutamente fatto piazza pulita della cultura Inca. Al posto dei templi e palazzi dell’Huuantisuyu sono sorte chiese e palazzi del potere e dei ricchi, quelli stessi ricchi che da secoli costringono la popolazione india in uno stato di semi-schiavitu’, privi per secoli di diritti, privati delle proprie terre e anche dei propri culti.
Ai nostri occhi sembra che poco sia cambiato dal 500 ad ora, guardando le facce rassegnate di questa gente, abituata a soffrire e sopportare. Desolazione.
Il mio posto preferito è il Qorikancha, il tempio centrale dell’antica Cusco. Pare che fosse ricoperto da lamine di oro, all’arrivo degli spagnoli nella città. E che l’oro abbondasse nelle statue e nei giardini: forse fantasia, forse verità, non abbiamo altre testimonienze se non quelle dei primi conquistadores, che spesso abbondarono con la fantasia. Quello che è certo è che quello che resta del tempio, sotto e dentro la Chiesa di Santo Domingo, è impressionante: il rozzo e ignorante conquistadore decise di distruggere il tempio, e costruirci sopra una chiesa e un convento, che divenne il primo convento domenicano di Cusco, ma la grandeur dell’antico edificio emerge tra le pietre moderne. C’è da dire che, dopo un terremoto nel 1950, parte delle nuove costruzioni sono state rimosse, riportando alla luce le antiche mura Inca…e c’è da dire anche che il terremoto distrusse le mura coloniali, ma non la parte Inca…fortuna? o sabidoria nel costruire edifici anti-sismici? Le mura circolari che stanno dietro l’edificio, nella aprte che probabilmente accoglieva la statua più importante del tempio, sono la parte più imponente, insieme alle belle terrazze del giardino.
Qui dentro abbiamo trovato due dipinti, che ci sono stati fondamentali per capire la cultura Inca.
Il primo è una rappresentazione della volta celeste e della Via Lattea secondo la cosmologia andina. Le costellazioni non sono date dall’unione di stelle, ma dagli spazi vuoti tra le stelle…e così il cielo, invece di Orse Maggiori e Minori, si riempie di puma e  serpenti.
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L’altra rappresentazione è quella dell’Huantisuyu, il regno Inca: quattro regioni, corrispondenti ai diversi punti cardinali, e linee rette che da Cusco dipartono per tutti i regni. Perchè, appunto, Cusco era l’ombelico del mondo. I colori sono accesi, la rappresentazione semplice ed efficace.  Ogni linea rappresenta un insieme di centri del potere imperiale, allineati in modo preciso grazie allo studio degli astri…man mano che ci si allontanava dalla città si incontravano diversi centri amministrativi minori, fino ad arrivare a città più piccole, che ospitavano centri amministrativi un po’ più grandi, ma dipendenti sempre da Cusco, la capitale.
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Un esempio di questi centri sono il Pukapukara e il Tambomachay, situati nelle colline attorno a Cusco, posti uno di fronte all’altro a poca distanza, rispettivamente centro di accoglienza dei viandanti che trasportavano le merci fino alla capitale, e centro amministrativo per la riscossione dei tributi sui commerci, nonchè centro religioso, in una cultura in cui il lato religioso permeava ogni altro aspetto.
EffeFemmina ha visitato questi ultimi due posti e il Saqsaywaman  in una bellissima escursione a cavallo, mentre EffeMaschio arrancava col trekking con destinazione Machu Picchu: confessa di essersela fatta addosso per almeno i primi 15 minuti, anche perchè la sorte le ha fatto vincere il cavallo più indipendente della scuderia, che non degnava minimamente il cavallo della guida, e smaniava di condurre l’escursione e camminare fuori dal percorso solito 😀
E’ stato bello montare finalmente a cavallo, lo avrebbe voluto fare in Patagonia, in compagnia dei gauchos, ma è stato un bel modo di camminare tra le rovine, e di vedere Cusco dall’alto, tra l’altro in compagnia di un’ottima guida. Questa, laureata in archeologia con una specializzazione in astronomia, l’ha riempita di informazioni sulle conoscenze astronomiche Inca, sul loro utilizzo degli edifici per calcolare l’inizio dei periodi di semina e raccolto, in base alle fasi solari, equinozi e solstizi; la religione, col suo concetto di divinità così diverso da quello cattolico,  il concetto circolare di tempo, la società basata sui concetti di aiuto reciproco e amore e lavoro.
Vicini alla città si estende la Valle Sagrado, la Valle Sacra dell’Inca, con le sue rovine di antiche città, come Pisac, Ollantaytambo e Chincheros, tutte visitabile facilmenti o con tour turistico o con i minivan locali, che portano la gente avanti e indietro tra le città. Immaginate quale mezzo ha scelto EffeFemmina…trovarsi schiacciata tra due vecchie signore indie, con attorno persone che tra di loro parlano solo Quechua,  mentre affianco ti sfrecciano i pulmini turistici, non ha prezzo…non ha prezzo.
Il giovedì la città si è fermata per una delle feste più importanti dell’anno, la festa del Corpus Christi, un’antica festa andina trasformata dagli spagnoli. Anticamente si portavano in processione le mummie: le persone più importanti venivano mummificate, e tenute così nelle case, solo i più poveri venivano seppelliti nei cimiteri. Agli spagnoli non piacque veder trasportare le mummie per le strade, così ordinarono di sostituire le mummie con le statue dei santi: oggi ogni quartiere di Cusco porta a spalla in processione il santo protettore del quartiere, in un tripudio di colori, balli e musiche. La città esplodeva di gente, cittadini e gente venuta dalle montagne circostanti;di ragazzi in costume tipico con un feto di lama appeso alla cintura, di ragazze in abito tipico, colorate e festanti;   di venditori ambulanti di ogni genere di cosa; di venditori di cui e di chincharrones, . Che senso vedere quel povero cui, simile a un topo, sdraiato sul tavolo, circondato di patate e formaggio. E che spettacolo invece i chincharrones de res, pezzi di carne di maiale fritti in abbondante olio, serviti con patate fritte e fave.
I costumi “tipici” non sono tipici Inca, perchè vennero introdotti dagli spagnoli, che amavano vestire i sudditi come fossero sudditi inglesi….ed ecco bombette, corpetti, e gonne di raso. Il risultato è esplosivo, una moltitudine di pizzi e giubbini colorati, di nastri e scarpe di raso. E accanto, le maschere per il viso, molte delle quali fatte per buffoneggiare i conquistadores; i feti di lama, usati come simbolo sacro; gli strumenti musicali tipici andini; gli uomini che portano il santo sulle spalle, e i bambini che si pavoneggiano come uomini portando a spalle la struttura su cui si appoggia il santo una volta arrivati in Cattedrale. E la sensazione bellissima di essere partecipe di qualcosa che non è fatto a uso del turista, perchè la festa è autentica, genuina, e lo capisci dalla sacra devozione dei bambini della scuola, che il giorno non vengono, perchè è “poco rispetto” andare a scuola a Corpus Christi. Benvenuti indietro nel tempo, esto es Peru.
A voi qualche video della festa. Un ballo tipico:
Il santo portato a spalla:
Donne di Cusco:
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