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Rumori dell’Amazzonia

è buio.

La luce delle nostre torce illumina ad intermittenza un tappeto di foglie scure.

Sento solo il rumore dei nostri passi, qualche respiro un pò affannato e tutto intorno a noi il buio. Provo a guardare in alto per cercare conforto nel cielo stellato o nella luna, ma anche lassù è tutto nero. La luce della luna e delle stelle non filtra la folta vegetazione. La foresta amazzonica è fitta, densa, gli alberi, nella loro corsa ad accaparrarsi la luce del sole, crescono in altezza fino a superare i trenta metri.

Buio dicevo, tutto intorno a noi, nero come mai ho visto in vita mia, tranne che per il cerchietto di luce delle nostre torce che si muove spasmodico sul terreno alla ricerca di tronchi, rami, piante, pozzanghere da evitare o scavalcare nella nostra marcia notturna all’interno della foresta del parco nazionale Madidi, nella parte amazzonica della Bolivia…

Il buio in genere è accompagnato dal silenzio, anche qua, nel cuore della foresta, quando ci fermiamo siamo immersi nel silenzio. Dopo qualche secondo però, quando il mio udito si abitua al silenzio ed inizio ad ascoltare con più attenzione, sento strani rumori, che giungono da tutte le direzioni. Da sinistra, da destra, dall’alto. Alcuni non riesco a capire da dove provengano. Rami che si spezzano, foglie che scricchiolano, rumori che salgono e scendono, che si muovono sopra di me. Ed allora capisco che la giungla è viva, si muove, è più viva di notte che non di giorno.

Come ci confermerà la guida che ci precede, sono molti gli animali che di notte lasciano le loro tane per andare a caccia, per approfittare del buio e sorprendere le loro prede. Serpenti, tarantole, giaguari sono intorno a me, affamati… ed allora inizio ad avere un pò di paura, perchè loro ti guardano, ti stanno osservando, ma tu non li vedi. Sento un rumore di qualcosa che si muove alla mia destra e giro la torcia, ma non riesco a vedere a più di 1 metro e mezzo da me. Vedo solo le prime piante che mi circondano e dietro il buio, quel buio che la torcia rende un pò opaco vista l’umidità elevatissima presente nell’aria.

Riprendiamo a camminare, lentamente, senza far rumore, sono nel mezzo del gruppo ed in quel momento penso all’ultimo della fila. Durante la camminata del pomeriggio, causa la mia voglia di fotografare qualsiasi cosa, mi sono trovato all’improvviso come ultimo della fila. Vi assicuro che non è bello, è come sentire sempre alle proprie spalle una presenza, qualcosa che ti segue, e tu non puoi girarti, perchè se ti distrai rischi di inciampare sulla moltitudine di roba presente sul terreno, dai tronchi di alberi spezzati alle piante, dal fango alle pozzanghere di acqua putrida, alle pietre piene di muschio.

Immaginatevi come può essere amplificata questa sensazione di notte, quando dietro di te non c’è un compagno con una torcia ma il nero pesto con i suoi mille rumori diversi. E poi si sa che il Giaguaro attacca sempre l’ultimo del gruppo…

Per fortuna non sono io l’ultimo e faccio di tutto per non esserlo, anche perchè la guida, di nome Roni, un boliviano basso e tozzo, cammina spedita mentre con il suo macete taglia le liane, le radici e le piante spinose che trova sul proprio cammino.

Arriviamo ad una specie di palude, una pozza di acqua stagnante, la guida fa cenno di fermarsi e punta la torcia in mezzo a dei rami che emergono dall’acquitrino. Due occhi riflettono la luce a pelo d’acqua. E’ un alligatore, di taglia piccola, che rimane immobile.

Roni ci fa cenno dispegnere le torce e lo sentiamo avvicinarsi alla pozza d’acqua con il suo macete nella mano destra. è chiaramente svitato, non capiamo cosa voglia fare, forse vuole catturare l’alligatore per mostrarcelo? In tal caso è veramente uno svitato.

Siamo nel buio pesto ora. Tutto è nero attorno a noi, tenere gli occhi aperti o chiusi non fa differenza nel cuore della giungla. Siamo tutti vicini, quasi a cercare la presenza della persona che ci sta affianco per avere un conforto. Rumori di qualsiasi tipo attorno a noi; io sono al lato esterno destro del gruppo. Alla mia destra c’è la giungla, sento come un respiro che si mantiene ad una certa distanza. Sono un pò inquieto con la luce spenta e qualcosa che respira alla mia destra. Scoprirò in seguito che quel rumore è un rumore di centinaia di rane, molto distanti, che a sentirle tutte insieme a distanza sembrano essere il respiro di un animale più grande.

Tutto quello che senti nella giungla non è quello che puoi immaginare, questo l’ho imparato da me. Come quando nella camminata del mattino sentiamo come un rombo crescente sopra di noi. Un aereo che sta passando da queste parti penso io. Poi il rombo si fa costante  e molto forte. Ed allora capisco che è un animale, ma che diavolo di animale può fare un verso così forte? E per di più sopra di noi? La guida ci spiega che sono grosse scimmie che marcano il territorio del loro branco e qualcuna, di quelle più piccole mandate in avanscoperta, riusciamo anche a scorgerla, camminare tranquillamente a circa 30 – 40 metri sopra le nostre teste.

Lo stesso vale per un verso molto intenso e stridulo che io  ingenuamente attribuisco a delle scimmie e che invece apparteneva ad una specie di bellissimi pappagalli colorati di rosso e blu che abbiamo visto il giorno successivo nei loro nidi.

Ma in quel momento, nel buio della notte nel cuore della foresta amazzonica, io non potevo saperlo e quindi continuavo a credere che qualcosa respirasse alla mia destra.

Roni accende improvvisamente la luce della torcia e, contemporaneamente vediamo un grosso guizzo nell’acqua proprio vicino a lui. L’alligatore si è ritirato lasciando nell’acqua un grosso pesce, la sua cena per quella notte. Il folle Roni, oramai sulla sponda dell’acquitrino, spegne di nuovo la luce e la riaccende ad intervalli di circa un paio di minuti sperando che l’alligatore torni a prendere il suo pesce, ma lui non torna. Però vediamo i suoi occhi, a pelo d’acqua, un pò più distanti che ci fissano attendendo forse che gli intrusi vadano via per potersi riappropriare del proprio pesce.

Riprendiamo la marcia notturna, la vegetazione si fa più intensa, camminare diventa più difficoltoso e richiede molta più attenzione, molti alberi hanno le spine per impedire agli animali di arrampicarvisi, altri contengono della linfa molto tossica, mortale in alcuni casi, altri ancora hanno invece proprietà guaritive, contro il mal di pancia, la febbre, le ferite profonde, l’impotenza, come repellente per gli insetti che da queste parti sono molto molto abbondanti e pericolosi. Alcune radici vengono addirittura usate dagli indigeni per abortire…

Roni si ferma, si guarda attorno con la torcia diverse volte, sembra molto preoccupato. Ci dice che ha sentito il rumore di un serpente molto pericoloso.  “State attenti nei prossimi metri” ci dice. A questo punto EffeFemmina abbandona il sangue freddo che l’ha spinta fin qua e si attacca a Roni. La sua torcia fa le bizze duramente provata dalla sua caduta in un corso d’acqua (è scientificamente provato che EffeFemmina e l’acqua non hanno un buon rapporto…).

Da questo momento in poi sarà l’ombra di Roni.

Per far capire quanto temerario sia Roni basti pensare che in una delle camminate della mattina ha preso in pieno, in faccia, una ragnatela bella grossa, di quelle i cui fili sono difficili da spezzare anche per un uomo, ed il proprietario, un ragno grande quando la mia mano, alquanto infastidito dall’accaduto lo ha morso sul collo. Giusto il tempo per Roni di vedere di che ragno velenoso si trattasse e prendere il rispettivo antidoto per poi continuare nella caminata…

Più tardi Roni ci dirà che il rumore che ha sentito appartiene ad uno dei serpenti più pericolosi della giungla, molto velenoso, che può essere lungo fino a 4 m e saltare quanto la sua lunghezza mordendo ripetutamente fino a che la preda non muore…forse EffeFemmina voleva farsi scudo del corpo di Roni nel caso il serpente fosse saltato in quella direzione? Difficile a dirsi ma molto probabile…

Io nel frattempo sono molto concentrato nell’evitare di toccare qualcosa per sbaglio, perchè Roni ci ha avvertito dalla mattina precedente che “qua tutto morde o punge, quindi non toccate nulla”… Purtroppo pur osservando questo avvertimento, il giorno successivo verrò punto in due punti diversi della spalla dalla “formica del diablo”, una formica tutta rossa il quale morso provoca un dolore non indifferente, e questo ve lo posso assicurare. Roni dice che quando una donna indigena andava con un uomo di un’altra tribù, veniva per punizione legata nuda per un giorno all’albero popolato dalle formiche del diavolo… i morsi ripetuti, oltre che al dolore, provocano anche febbre molto alta e possono portare anche alla morte se non curati adeguatamente. Io per fortuna ne ho presi solo due e Roni, dopo aver sradicato una piccola pianta, mi passa la radice sulle punture per alleviare il dolore. Effettivamente funziona

Roni ci dice che stiamo facendo molto rumore, che dobbiamo camminare con più delicatezza altrimenti non vedremo mai il Giaguaro.

A questo punto però non sono più molto sicuro di volerlo incontrare…

Quando vediamo nuovamente le candele dell’accampamento, ringraziamo di non aver optato per dormire nel sacco a pelo nella giungla, anche perchè ci sono anche i Chanchos, cinghiali selvatici con grossi incisivi inferiori, molto aggressivi che vivono in branchi di 100-200 esemplari e che sono in grado di smembrare un corpo umano in pochi minuti e la bellissima farfalla che, di notte, impianta le sue uova nella tua pelle facendo si che il bruco possa crescere  e svilupparsi nutrendosi della tua carne…

La nostra capanna, con le reti anti insetto che circondano i letti, ci sembra un hotel a 5 stelle a questo punto ed andiamo a dormire finalmente sereni.

Al mattino seguente veniamo svegliati presto da Roni che ci dice di uscire subito se vogliamo vedere i Chanchos. Usciamo e ci rendiamo conto che i Chanchos hanno asediato il nostro accampamento, ma per fortuna sono impegnati a nutrirsi dei piccoli frutti arancioni, tipo nespole, che le palme tutto attorno lasciano cadere. Siamo quindi circondati dalla puzza, dai versi e dal rumore dei noccioli spaccati di una cinquantina di cincghiali, grandi e piccoli. Roni ci dice di non aver paura, che sono meno aggressivi quando sono all’aperto e non nella giungla, di evitare di avvicinarci troppo e che un altra bella parte del branco si nasconde dietro la barriera di piante che marca l’inizio della selva, incluso il capobranco, un grande  cinghiale con un collare di pelliccia bianca che è sempre in allerta per avvisare il branco nel caso di pericolo imminente…

Di giorno la foresta cambia colore, con le sue mille tonalità di verde, ed abitanti, i veri padroni diventano gli insetti, gli uccelli dai versi più incredibili e le scimmie.

Un mondo, questo dell’amazzonia, in forte contrasto con i luoghi visti fino ad ora in sud america, dalle steppe patagoniche agli altipiani boliviani, posti abitati da pochissime specie di esseri viventi. In questa giungla sono migliaia le forme di vita che la abitano, così tante però da scatenare la competizione per la sopravvivenza, un mondo dove l’abbondanza ha reso la vita difficile, in cui ogni specie ha almeno un predatore e dove si è creato, nel corso dei millenni, un equilibrio incredibile di vita e morte in cui alla fine però  tutte le specie riescono in qualche modo ad avere uno spazio in cui sopravvivere…

E l’uomo, in questo mondo, non è nient’altro che uno degli animali della catena, con i suoi animali e piante da mangiare, ma anche con i suoi predatori. Nella selva sei solo uno dei mille abitanti, non l’essere supremo (o presunto tale). Qui capisci cosa vuol dire lottare per sopravvivere. Qui percepisci l’inutilità della tecnologia (a parte l’antidoto, chiaro)…qui capisci che sei solo uno delle tante specie viventi, senza nessuna prerogativa in più degli altri. Il ragno ti punge come punge ogni insetto che lo disturba nella sua ragnatela, il giaguaro ti mangia quando ha fame come se tu fossi un piccolo chanchos, che differenza dovresti fare per lui, solo perchè sai scrivere? e i chanchos ti mangiano in branco se finisci nel loro mirino…e i serpenti tossici non gradiscono chi si infila nel loro cammino, e mordono per difendersi, senza fare differenze: il razzismo non esiste nella selva.

Il giorno dopo, non avendo acqua corrente all’accampamento, decidiamo di fare il bagno nel fiume, uno di quei fiumi di un color rossiccio intenso, lo stesso colore del rio delle amazzoni quando lo vedi in qualche documentario. Chiediamo a Roni se ci sono i piranha, ci dice di stare tranquilli, i piranha stanno solo nei corsi d’acqua che sono un pò più calmi di questo, ovvero un pò più a valle…insieme alle anaconde. Però qua ci sono quei simpatici pesci gatto minuscoli che ti si infilano nel pisello se disgraziatamente fai la pipi nel fiume, arpionandosi internamente. “E come si fa a toglierli poi?” chiedo io. “Adesso non lo so, ma gli indigeni usavano tagliare il pene” risponde lui. Ed allora anche un bagno nel fiume si trasforma in un avventura, l’importante è non fare la pipi….

Torniamo alla civiltà di Rurrenabaque (si fa per dire…) con la sensazione di essere dei sopravissuti.  Che esperienza forte, la selva.

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è buio. La luce delle nostre torce illumina ad intermittenza un tappeto di foglie scure.
Sento solo il rumore dei nostri passi, qualche respiro un pò affannato e tutto intorno a noi il buio. Provo a guardare in alto per cercare conforto nel cielo stellato o nella luna, ma anche lassù è tutto nero. La luce della luna e delle stelle non filtra la folta vegetazione. La foresta amazzonica è fitta, densa, gli alberi, nella loro corsa ad accaparrarsi la luce del sole, crescono in altezza fino a superare i trenta metri.
Buio dicevo, tutto intorno a noi, nero come mai ho visto in vita mia, tranne che per il cerchietto di luce delle nostre torce che si muove spasmodico sul terreno alla ricerca di tronchi, rami, piante, pozzanghere da evitare o scavalcare nella nostra marcia notturna all’interno della foresta amazzonica. Il buio in genere è accompagnato dal silenzio, anche qua, nel cuore della foresta, quando ci fermiamo siamo immersi nel silenzio. Dopo qualche secondo però, quando il mio udito si abitua al silenzio ed inizio ad ascoltare con più attenzione, sento strani rumori, che giungono da tutte le direzioni. Da sinistra, da destra, dall’alto. Alcuni non riesco a capire da dove provengano. Rami che si spezzano, foglie che scricchiolano, rumori che salgono e scendono, che si muovono sopra di me. Ed allora capisco che la giungla è viva, si muove, è più viva di notte che non di giorno. Come ci confermerà la guida che ci precede, sono molti gli animali che di notte lasciano le loro tane per andare a caccia, per approfittare del buio e sorprendere le loro prede. Serpenti, tarantole, giaguari sono intorno a me, affamati… ed allora inizio ad avere un pò di paura, perchè loro ti guardano, ti stanno osservando, ma tu non li vedi. Sento un rumore di qualcosa che si muove alla mia destra e giro la torcia, ma non riesco a vedere a più di 1 metro e mezzo da me. Vedo solo le prime piante che mi circondano e dietro il buio, quel buio che la torcia rende un pò opaco vista l’umidità elevatissima presente nell’aria.
Riprendiamo a camminare, lentamente, senza far rumore, sono nel mezzo del gruppo ed in quel momento penso all’ultimo della fila. Durante la camminata del pomeriggio, causa la mia voglia di fotografare qualsiasi cosa, mi sono trovato all’improvviso come ultimo della fila. Vi assicuro che non è bello, è come sentire sempre alle proprie spalle una presenza, qualcosa che ti segue, e tu non puoi girarti, perchè se ti distrai rischi di inciampare sulla moltitudine di roba presente sul terreno, dai tronchi di alberi spezzati alle piante, dal fango alle pozzanghere di acqua putrida, alle pietre piene di muschio. Immaginatevi come può essere amplificata questa sensazione di notte, quando dietro di te non c’è un compagno con una torcia ma il nero pesto con i suoi mille rumori diversi. E poi si sa che il Giaguaro attacca sempre l’ultimo del gruppo…
Per fortuna non sono io l’ultimo e faccio di tutto per non esserlo, anche perchè la guida, di nome Roni, un boliviano basso e tozzo, cammina spedita mentre con il suo macete taglia le liane, le radici e le piante spinose che trova sul proprio cammino.
Arriviamo ad una specie di palude, una pozza di acqua stagnante, la guida fa cenno di fermarsi e punta la torcia in mezzo a dei rami che emergono dall’acquitrino. Due occhi riflettono la luce a pelo d’acqua. E’ un alligatore, di taglia piccola, che rimane immobile.
Roni ci fa cenno dispegnere le torce e lo sentiamo avvicinarsi alla pozza d’acqua con il suo macete nella mano destra. è chiaramente svitato, non capiamo cosa voglia fare, forse vuole catturare l’alligatore per mostrarcelo? In tal caso è veramente uno svitato.
Siamo nel buio pesto ora. Tutto è nero attorno a noi, tenere gli occhi aperti o chiusi non fa differenza nel cuore della giungla. Siamo tutti vicini, quasi a cercare la presenza della persona che ci sta affianco per avere un conforto. Rumori di qualsiasi tipo attorno a noi; io sono al lato esterno destro del gruppo. Alla mia destra c’è la giungla, sento come un respiro che si mantiene ad una certa distanza. Sono un pò inquieto con la luce spenta e qualcosa che respira alla mia destra. Scoprirò in seguito che quel rumore è un rumore di centinaia di rane, molto distanti, che a sentirle tutte insieme a distanza sembrano essere il respiro di un animale più grande. Tutto quello che senti nella giungla non è quello che puoi immaginare, questo l’ho imparato da me. Come quando nella camminata del mattino sentiamo come un rombo crescente sopra di noi. Un aereo che sta passando da queste parti penso io. Poi il rombo si fa costante  e molto forte. Ed allora capisco che è un animale, ma che diavolo di animale può fare un verso così forte? E per di più sopra di noi? La guida ci spiega che sono grosse scimmie che marcano il territorio del loro branco e qualcuna, di quelle più piccole mandate in avanscoperta, riusciamo anche a scorgerla, camminare tranquillamente a circa 30 – 40 metri sopra le nostre teste. Lo stesso vale per un verso molto intenso e stridulo che io  ingenuamente *** a delle scimmie e che invece apparteneva ad una specie di bellissimi pappagalli colorati di rosso e blu.
Ma in quel momento, nel buio della notte nel cuore della foresta amazzonica, io non potevo saperelo e quindi continuavo a credere che qualcosa respirasse alla mia destra.
Roni accende improvvisamente la luce della torcia e, contemporaneamente vediamo un grosso guizzo nell’acqua proprio vicino a lui. L’alligatore si è ritirato lasciando nell’acqua un grosso pesce, la sua cena per quella notte. Il folle Roni, oramai sulla sponda dell’acquitrino, spegne di nuovo la luce e la riaccende ad intervalli di circa un paio di minuti sperando che l’alligatore torni a prendere il suo pesce, ma lui non torna. Però vediamo i suoi occhi, a pelo d’acqua, un pò più distanti che ci fissano attendendo forse che gli intrusi vadano via per potersi riappropriare del proprio pesce.
Riprendiamo la marcia notturna, la vegetazione si fa più intensa, camminare diventa più difficoltoso e richiede molta più attenzione, molti alberi hanno le spine per impedire agli animali di arrampicarvisi, altri contengono della linfa molto tossica, mortale in alcuni casi, altri ancora hanno invece proprietà guaritive, contro il mal di pancia, la febbre, le ferite profonde, l’impotenza, come repellente per gli insetti che da queste parti sono molto molto abbondanti e pericolosi. Alcune radici vengono addirittura usate dagli indigeni per abortire .
Roni si ferma, si guarda attorno con la torcia diverse volte, sembra molto preoccupato. Ci dice che ha sentito il rumore di un serpente molto pericoloso.  “State attenti nei prossimi metri” ci dice. A questo punto EffeFemmina abbandona il sangue freddo che l’ha spinta fin qua e si attacca a Roni. La sua torcia fa le bizze duramente provata dalla sua caduta in un corso d’acqua (è scientificamente provato che EffeFemmina e l’acqua non hanno un buon rapporto…). Da questo momento in poi sarà l’ombra di Roni.
Per far capire quanto temerario sia Roni basti pensare che in una delle camminate della mattina ha preso in pieno, in faccia, una ragnatela bella grossa, di quelle i cui fili sono difficili da spezzare anche per un uomo, ed il proprietario, un ragno grande quando la mia mano, alquanto infastidito dall’accaduto lo ha morso sul collo. Giusto il tempo per Roni di vedere di che ragno velenoso si trattasse e prendere il rispettivo antidoto per poi continuare nella caminata…
Più tardi Roni ci dirà che il rumore che ha sentito appartiene ad uno dei serpenti più pericolosi della giungla, molto velenoso, che può essere lungo fino a 4 m e saltare quanto la sua lunghezza mordendo ripetutamente fino a che la preda non muore…forse EffeFemmina voleva farsi scudo del corpo di Roni nel caso il serpente fosse saltato in quella direzione? Difficile a dirsi ma molto probabile…
Io nel frattempo sono molto concentrato nell’evitare di toccare qualcosa per sbaglio , perchè Roni ci ha avvertito dalla mattina precedente che “qua tutto morde o punge, quindi non toccate nulla”… Purtroppo pur osservando questo avvertimento, il giorno successivo verrò punto in due punti diversi della spalla dalla “formica del diablo”, una formica tutta rossa il quale morso provoca un dolore non indifferente, e questo ve lo posso assicurare. Roni dice che quando una donna indigena andava con un uomo di un’altra tribù, veniva per punizione legata nuda per un giorno all’albero popolato dalle formiche del diavolo… i morsi ripetuti, oltre che al dolore, provocano anche febbre molto alta e possono portare anche alla morte se non curati adeguatamente. Io per fortuna ne ho presi solo due e Roni, dopo aver sradicato una piccola pianta, mi passa la radice sulle punture per alleviare il dolore. Effettivamente funziona.
Roni ci dice che stiamo facendo molto rumore, che dobbiamo camminare con più delicatezza altrimenti non vedremo mai il Giaguaro. A questo punto non sono più molto sicuro di volerlo incontrare.
Quando vediamo nuovamente le candele dell’accampamento, ringraziamo di non aver optato per dormire nel sacco a pelo nella giungla, anche perchè ci sono anche i Chanchos, cinghiali selvatici con grossi incisivi inferiori, molto aggressivi che vivono in branchi di 100-200 esemplari e che sono in grado di smembrare un corpo umano in pochi minuti e la bellissima farfalla che, di notte, impianta le sue uova nella tua pelle facendo si che il bruco possa crescere  e svilupparsi nutrendosi della tua carne…
La nostra capanna, con le reti anti insetto che circondano i letti, ci sembra un hotel a 5 stelle a questo punto ed andiamo a dormire finalemente sereni.
Al mattino seguente veniamo svegliati presto da Roni che ci dice di uscire subito se vogliamo vedere i Chanchos. Usciamo e ci rendiamo conto che i Chanchos hanno asediato il nostro accampamento, ma per fortuna sono impegnati a nutrirsi dei piccoli frutti arancioni, tipo nespole, che le palme tutto attorno lasciano cadere. Siamo quindi circondati dalla puzza, dai versi e dal rumore dei noccioli spaccati di una cinquantina di cincghiali, grandi e piccoli. Roni ci dice di non aver paura, che sono meno aggressivi quando sono all’aperto e non nella giungla, di evitare di avvicinarci troppo e che un altra bella parte del branco si nasconde dietro la barriera di piante che marca l’inizio della selva, incluso il capobranco, un grande  cinghiale con un collare di pelliccia bianca che è sempre in allerta per avvisare il branco nel caso di pericolo imminente…
Di giorno la foresta cambia colore, con le sue mille tonalità di verde, ed abitanti, i veri padroni diventano gli insetti, gli uccelli dai versi più incredibili e le scimmie.
Un mondo, questo dell’amazzonia, in forte contrasto con i luoghi visti fino ad ora in sud america, dalle steppe patagoniche agli altipiani boliviani, posti abitati da pochissime specie di esseri viventi. In questa giungla sono migliaia le forme di vita che la abitano, così tante però da scatenare la competizione per la sopravvivenza, un mondo dove l’abbondanza ha reso la vita difficile, in cui ogni specie ha almeno un predatore e dove si è creato, nel corso dei millenni, un equilibrio incredibile di vita e morte in cui alla fine però  tutte le specie riescono in qualche modo ad avere uno spazio in cui sopravvivere…
E l’uomo, in questo mondo, non è nient’altro che uno degli animali della catena, con i suoi animali e piante da mangiare, ma anche con i suoi predatori. Nella selva sei solo uno dei mille abitanti, non l’essere supremo (o presunto tale). Qui capisci cosa vuol dire lottare per sopravvivere. Qui percepisci l’inutilità della tecnologia (a parte l’antidoto, chiaro)…qui capisci che sei solo uno delle tante specie viventi, senza nessuna prerogativa in più degli altri. Il ragno ti punge come punge ogni insetto che lo disturba nella sua ragnatela, il giaguaro ti mangia quando ha fame come se tu fossi un piccolo chanchos, che differenza dovresti fare per lui, solo perchè sai scrivere? e i chanchos ti mangiano in branco se finisci nel loro mirino…e i serpenti tossici non gradiscono chi si infila nel loro cammino, e mordono per difendersi, senza fare differenze: il razzismo non esiste nella selva.
Torniamo alla civiltà di Rurrenabaque (si fa per dire…) con la sensazione di essere dei sopravissuti.  Che esperienza forte, la selva.

è buio. La luce delle nostre torce illumina ad intermittenza un tappeto di foglie scure.
Sento solo il rumore dei nostri passi, qualche respiro un pò affannato e tutto intorno a noi il buio. Provo a guardare in alto per cercare conforto nel cielo stellato o nella luna, ma anche lassù è tutto nero. La luce della luna e delle stelle non filtra la folta vegetazione. La foresta amazzonica è fitta, densa, gli alberi, nella loro corsa ad accaparrarsi la luce del sole, crescono in altezza fino a superare i trenta metri.
Buio dicevo, tutto intorno a noi, nero come mai ho visto in vita mia, tranne che per il cerchietto di luce delle nostre torce che si muove spasmodico sul terreno alla ricerca di tronchi, rami, piante, pozzanghere da evitare o scavalcare nella nostra marcia notturna all’interno della foresta amazzonica. Il buio in genere è accompagnato dal silenzio, anche qua, nel cuore della foresta, quando ci fermiamo siamo immersi nel silenzio. Dopo qualche secondo però, quando il mio udito si abitua al silenzio ed inizio ad ascoltare con più attenzione, sento strani rumori, che giungono da tutte le direzioni. Da sinistra, da destra, dall’alto. Alcuni non riesco a capire da dove provengano. Rami che si spezzano, foglie che scricchiolano, rumori che salgono e scendono, che si muovono sopra di me. Ed allora capisco che la giungla è viva, si muove, è più viva di notte che non di giorno. Come ci confermerà la guida che ci precede, sono molti gli animali che di notte lasciano le loro tane per andare a caccia, per approfittare del buio e sorprendere le loro prede. Serpenti, tarantole, giaguari sono intorno a me, affamati… ed allora inizio ad avere un pò di paura, perchè loro ti guardano, ti stanno osservando, ma tu non li vedi. Sento un rumore di qualcosa che si muove alla mia destra e giro la torcia, ma non riesco a vedere a più di 1 metro e mezzo da me. Vedo solo le prime piante che mi circondano e dietro il buio, quel buio che la torcia rende un pò opaco vista l’umidità elevatissima presente nell’aria.
Riprendiamo a camminare, lentamente, senza far rumore, sono nel mezzo del gruppo ed in quel momento penso all’ultimo della fila. Durante la camminata del pomeriggio, causa la mia voglia di fotografare qualsiasi cosa, mi sono trovato all’improvviso come ultimo della fila. Vi assicuro che non è bello, è come sentire sempre alle proprie spalle una presenza, qualcosa che ti segue, e tu non puoi girarti, perchè se ti distrai rischi di inciampare sulla moltitudine di roba presente sul terreno, dai tronchi di alberi spezzati alle piante, dal fango alle pozzanghere di acqua putrida, alle pietre piene di muschio. Immaginatevi come può essere amplificata questa sensazione di notte, quando dietro di te non c’è un compagno con una torcia ma il nero pesto con i suoi mille rumori diversi. E poi si sa che il Giaguaro attacca sempre l’ultimo del gruppo…
Per fortuna non sono io l’ultimo e faccio di tutto per non esserlo, anche perchè la guida, di nome Roni, un boliviano basso e tozzo, cammina spedita mentre con il suo macete taglia le liane, le radici e le piante spinose che trova sul proprio cammino.
Arriviamo ad una specie di palude, una pozza di acqua stagnante, la guida fa cenno di fermarsi e punta la torcia in mezzo a dei rami che emergono dall’acquitrino. Due occhi riflettono la luce a pelo d’acqua. E’ un alligatore, di taglia piccola, che rimane immobile.
Roni ci fa cenno dispegnere le torce e lo sentiamo avvicinarsi alla pozza d’acqua con il suo macete nella mano destra. è chiaramente svitato, non capiamo cosa voglia fare, forse vuole catturare l’alligatore per mostrarcelo? In tal caso è veramente uno svitato.
Siamo nel buio pesto ora. Tutto è nero attorno a noi, tenere gli occhi aperti o chiusi non fa differenza nel cuore della giungla. Siamo tutti vicini, quasi a cercare la presenza della persona che ci sta affianco per avere un conforto. Rumori di qualsiasi tipo attorno a noi; io sono al lato esterno destro del gruppo. Alla mia destra c’è la giungla, sento come un respiro che si mantiene ad una certa distanza. Sono un pò inquieto con la luce spenta e qualcosa che respira alla mia destra. Scoprirò in seguito che quel rumore è un rumore di centinaia di rane, molto distanti, che a sentirle tutte insieme a distanza sembrano essere il respiro di un animale più grande. Tutto quello che senti nella giungla non è quello che puoi immaginare, questo l’ho imparato da me. Come quando nella camminata del mattino sentiamo come un rombo crescente sopra di noi. Un aereo che sta passando da queste parti penso io. Poi il rombo si fa costante  e molto forte. Ed allora capisco che è un animale, ma che diavolo di animale può fare un verso così forte? E per di più sopra di noi? La guida ci spiega che sono grosse scimmie che marcano il territorio del loro branco e qualcuna, di quelle più piccole mandate in avanscoperta, riusciamo anche a scorgerla, camminare tranquillamente a circa 30 – 40 metri sopra le nostre teste. Lo stesso vale per un verso molto intenso e stridulo che io  ingenuamente *** a delle scimmie e che invece apparteneva ad una specie di bellissimi pappagalli colorati di rosso e blu.
Ma in quel momento, nel buio della notte nel cuore della foresta amazzonica, io non potevo saperelo e quindi continuavo a credere che qualcosa respirasse alla mia destra.
Roni accende improvvisamente la luce della torcia e, contemporaneamente vediamo un grosso guizzo nell’acqua proprio vicino a lui. L’alligatore si è ritirato lasciando nell’acqua un grosso pesce, la sua cena per quella notte. Il folle Roni, oramai sulla sponda dell’acquitrino, spegne di nuovo la luce e la riaccende ad intervalli di circa un paio di minuti sperando che l’alligatore torni a prendere il suo pesce, ma lui non torna. Però vediamo i suoi occhi, a pelo d’acqua, un pò più distanti che ci fissano attendendo forse che gli intrusi vadano via per potersi riappropriare del proprio pesce.
Riprendiamo la marcia notturna, la vegetazione si fa più intensa, camminare diventa più difficoltoso e richiede molta più attenzione, molti alberi hanno le spine per impedire agli animali di arrampicarvisi, altri contengono della linfa molto tossica, mortale in alcuni casi, altri ancora hanno invece proprietà guaritive, contro il mal di pancia, la febbre, le ferite profonde, l’impotenza, come repellente per gli insetti che da queste parti sono molto molto abbondanti e pericolosi. Alcune radici vengono addirittura usate dagli indigeni per abortire .
Roni si ferma, si guarda attorno con la torcia diverse volte, sembra molto preoccupato. Ci dice che ha sentito il rumore di un serpente molto pericoloso.  “State attenti nei prossimi metri” ci dice. A questo punto EffeFemmina abbandona il sangue freddo che l’ha spinta fin qua e si attacca a Roni. La sua torcia fa le bizze duramente provata dalla sua caduta in un corso d’acqua (è scientificamente provato che EffeFemmina e l’acqua non hanno un buon rapporto…). Da questo momento in poi sarà l’ombra di Roni.
Per far capire quanto temerario sia Roni basti pensare che in una delle camminate della mattina ha preso in pieno, in faccia, una ragnatela bella grossa, di quelle i cui fili sono difficili da spezzare anche per un uomo, ed il proprietario, un ragno grande quando la mia mano, alquanto infastidito dall’accaduto lo ha morso sul collo. Giusto il tempo per Roni di vedere di che ragno velenoso si trattasse e prendere il rispettivo antidoto per poi continuare nella caminata…
Più tardi Roni ci dirà che il rumore che ha sentito appartiene ad uno dei serpenti più pericolosi della giungla, molto velenoso, che può essere lungo fino a 4 m e saltare quanto la sua lunghezza mordendo ripetutamente fino a che la preda non muore…forse EffeFemmina voleva farsi scudo del corpo di Roni nel caso il serpente fosse saltato in quella direzione? Difficile a dirsi ma molto probabile…
Io nel frattempo sono molto concentrato nell’evitare di toccare qualcosa per sbaglio , perchè Roni ci ha avvertito dalla mattina precedente che “qua tutto morde o punge, quindi non toccate nulla”… Purtroppo pur osservando questo avvertimento, il giorno successivo verrò punto in due punti diversi della spalla dalla “formica del diablo”, una formica tutta rossa il quale morso provoca un dolore non indifferente, e questo ve lo posso assicurare. Roni dice che quando una donna indigena andava con un uomo di un’altra tribù, veniva per punizione legata nuda per un giorno all’albero popolato dalle formiche del diavolo… i morsi ripetuti, oltre che al dolore, provocano anche febbre molto alta e possono portare anche alla morte se non curati adeguatamente. Io per fortuna ne ho presi solo due e Roni, dopo aver sradicato una piccola pianta, mi passa la radice sulle punture per alleviare il dolore. Effettivamente funziona.
Roni ci dice che stiamo facendo molto rumore, che dobbiamo camminare con più delicatezza altrimenti non vedremo mai il Giaguaro. A questo punto non sono più molto sicuro di volerlo incontrare.
Quando vediamo nuovamente le candele dell’accampamento, ringraziamo di non aver optato per dormire nel sacco a pelo nella giungla, anche perchè ci sono anche i Chanchos, cinghiali selvatici con grossi incisivi inferiori, molto aggressivi che vivono in branchi di 100-200 esemplari e che sono in grado di smembrare un corpo umano in pochi minuti e la bellissima farfalla che, di notte, impianta le sue uova nella tua pelle facendo si che il bruco possa crescere  e svilupparsi nutrendosi della tua carne…
La nostra capanna, con le reti anti insetto che circondano i letti, ci sembra un hotel a 5 stelle a questo punto ed andiamo a dormire finalemente sereni.
Al mattino seguente veniamo svegliati presto da Roni che ci dice di uscire subito se vogliamo vedere i Chanchos. Usciamo e ci rendiamo conto che i Chanchos hanno asediato il nostro accampamento, ma per fortuna sono impegnati a nutrirsi dei piccoli frutti arancioni, tipo nespole, che le palme tutto attorno lasciano cadere. Siamo quindi circondati dalla puzza, dai versi e dal rumore dei noccioli spaccati di una cinquantina di cincghiali, grandi e piccoli. Roni ci dice di non aver paura, che sono meno aggressivi quando sono all’aperto e non nella giungla, di evitare di avvicinarci troppo e che un altra bella parte del branco si nasconde dietro la barriera di piante che marca l’inizio della selva, incluso il capobranco, un grande  cinghiale con un collare di pelliccia bianca che è sempre in allerta per avvisare il branco nel caso di pericolo imminente…
Di giorno la foresta cambia colore, con le sue mille tonalità di verde, ed abitanti, i veri padroni diventano gli insetti, gli uccelli dai versi più incredibili e le scimmie.
Un mondo, questo dell’amazzonia, in forte contrasto con i luoghi visti fino ad ora in sud america, dalle steppe patagoniche agli altipiani boliviani, posti abitati da pochissime specie di esseri viventi. In questa giungla sono migliaia le forme di vita che la abitano, così tante però da scatenare la competizione per la sopravvivenza, un mondo dove l’abbondanza ha reso la vita difficile, in cui ogni specie ha almeno un predatore e dove si è creato, nel corso dei millenni, un equilibrio incredibile di vita e morte in cui alla fine però  tutte le specie riescono in qualche modo ad avere uno spazio in cui sopravvivere…
E l’uomo, in questo mondo, non è nient’altro che uno degli animali della catena, con i suoi animali e piante da mangiare, ma anche con i suoi predatori. Nella selva sei solo uno dei mille abitanti, non l’essere supremo (o presunto tale). Qui capisci cosa vuol dire lottare per sopravvivere. Qui percepisci l’inutilità della tecnologia (a parte l’antidoto, chiaro)…qui capisci che sei solo uno delle tante specie viventi, senza nessuna prerogativa in più degli altri. Il ragno ti punge come punge ogni insetto che lo disturba nella sua ragnatela, il giaguaro ti mangia quando ha fame come se tu fossi un piccolo chanchos, che differenza dovresti fare per lui, solo perchè sai scrivere? e i chanchos ti mangiano in branco se finisci nel loro mirino…e i serpenti tossici non gradiscono chi si infila nel loro cammino, e mordono per difendersi, senza fare differenze: il razzismo non esiste nella selva.
Torniamo alla civiltà di Rurrenabaque (si fa per dire…) con la sensazione di essere dei sopravissuti.  Che esperienza forte, la selva.

EffeMaschio

Francesco M., 31 anni, Informatico. Insieme a Francesca (la EffeFemmina) decide di mollare tutto e partire per un viaggio intorno al mondo...Ed è li che inizia l'avventura che cerchiamo di raccontare in questo blog... ;)

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13 risposte

  1. CLAUDIA ha detto:

    Wow che Avventura con la A Maiuscola 😀
    Buon proseguimento!!
    Claudia

  2. manu ha detto:

    è..è…è…credo che ogni parola non riesca a spiegare l’unicità di questa avventura! quindi..ho deciso che …è. si questa vostra esperienza è “é”!

  3. linda ha detto:

    accidenti!!!!!!!! Non so che altro aggiungere………… 🙂

  4. Ivanna ha detto:

    Bellissimo questo racconto…ma la domanda è: perchè proprio di NOTTE nella foresta??? na botta di adrenalina?? (Frenk però se ti servivano le spine degli alberi contro l’impotenza potevi dirlo….hahahaha). Molto belle anche le foto.. 😉

  5. mica ha detto:

    gordon pym vi fa un baffo 😉

  6. vschiatt ha detto:

    Le stesse emozioni (un po’ più ridimensionate) di quando sono stata nella savana keniota e nella foresta gabonese … quanto è bella la natura e quanto inetti siamo noi …

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